Viviamo in un mondo amareggiato, ripiegato su se stesso e distratto da mille rivoli social. No, non è il solito post da gufi che si piangono addosso senza speranza, ma trovare positività in questo periodo è complicato. Perché i valori sono spesso accessori solo da esibire come un paio di sneakers fiammanti, la dialettica esercizio di stile per raccogliere consenso, le azioni spesso motivate da secondi fini. Viviamo in una nazione speciale che facciamo di tutto per rendere insopportabile. Siamo in questa situazione perché riteniamo che la politica non sia all’altezza ma spesso perché siamo noi cittadini a non essere all’altezza. Viviamo le nostre realtà incoerentemente da come a parole vorremmo che fossero. Le nostre città galeggiano senza progetti di prospettiva, senza il coraggio di promuovere azioni delle quali noi forse vedremo appena l’inizio.
In un contesto di egoismo comune e di società che apparentemente si evolve a velocità impressionante vogliamo monetizzare il nostro tempo e raccogliere subito i frutti delle nostre azioni.
Non abbiamo la pazienza di costruire il futuro che non sarà il nostro.
E così ci ritroviamo a rincorrere modelli economici fallimentari e modelli culturali di basso profilo. Le nostre città diventano sempre più grandi e affollate di persone che lasciano i piccoli centri per poi rimpiangerli tentando di mitigare la lontananza ricreando riserve indiane di orti e di socialità.
Ci vuole il coraggio della politica a proporre modelli vivibili, in cui il profitto e il pareggio di bilancio non sia l’unico scopo. Città e periferie che devono pensare a far vivere l’uomo in maniera sostenibile educandolo alla cura e alla bellezza.
La bellezza che non è la parola vuota di chi demagogicamente vuole nascondere altri obbiettivi ma la consapevolezza della realtà in cui si vive per la sua valorizzazione.
Significa la cura del bene comune, l’educazione alla storia dei luoghi, la voglia di riappropriarsi di spazi urbani ostaggi di bruttezze e veicoli.
Significa avere coraggio urbanistico e buttare giù ciò che fa ribrezzo, significa investire decisamente nelle persone, nella loro formazione, nel recupero, la gestione e la fruizione dei beni culturali. Significa incentivare l’aggregazione delle persone per poter essere orgogliosi dei luoghi in cui si abita ed avere piacere a viverci.
Ci vuole coraggio della politica ma ci vuole coraggio politico soprattutto dei cittadini.
Perché accontentarsi per egoismo o indolenza è avvilente.
Perché dipende tutto da noi e da quanto abbiamo voglia di bellezza intorno alle nostre vite.